ricorsi contro l'università di brescia


Ben si conosce che non sei pratico di avventure; quelli son giganti, e se ne temi, fatti in disparte e mettiti in orazione mentre io vado ad entrar con essi in fiera e disugual tenzone

 

                              DON PALERMO – UNI BRESCIA: 1 – 0

                              DON PALERMO – UNI BRESCIA: 2 – 0

                              DON PALERMO – UNI BRESCIA: 3 – 0

                              DON PALERMO – UNI BRESCIA: 4 – 0

                              BREVE STORIA DI ROCORSI E ABUSI DI POTERE

DON PALERMO – UNI BRESCIA: 1 – 0

 

Faccio ricorso al Tar contro un concorso truccato e lo vinco. La professoressa Chiara Dalle Nogare cessa dal ruolo perché risultata insufficiente al concorso.

 

Nonostante la decisione del Tribunale, la Commissione di concorso – composta dai proff Antonio Gruccione, Pasquale Persico e Fabio Ranchetti – non nomina vincitore il solo candidato risultato effettivamente idoneo (io), ma modifica i voti delle prove concorsuali, aumentando la votazione della dottoressa Dalle Nogare e rinominandola vincitrice.

 

PER LA CRONACA: PUR CESSANDO FORMALMENTE DAL RUOLO, LA PROFESSORESSA CHIARA DALLE NOGARE MANTIENE DI FATTO LE PROPRIE ATTRIBUZIONI DIDATTICHE SU INCARICO DELLA FACOLTÀ.

 

DON PALERMO – UNI BRESCIA: 2 – 0

 

Ricorro di nuovo al Tar e rivinco, questa volta ottenendo anche un esito concreto. La professoressa Chiara Dalle Nogare cessa nuovamente dal ruolo perché la Commissione non può modificare il suo insindacabile giudizio. Alla dottoressa Chiara Dalle Nogare subentra Giulio Palermo.

 

PER LA CRONACA: LA PROFESSORESSA CHIARA DALLE NOGARE NON CESSA COMUNQUE DAL SERVIZIO PERCHÉ NEL FRATTEMPO VINCE UN ALTRO CONCORSO (STESSO SETTORE, STESSA FACOLTÀ, STESSO ATENEO). IN EFFETTI, MENTRE L’AMMINISTRAZIONE UTILIZZA OGNI MEZZO PER OPPORSI AL MIO RICORSO E PER RITARDARE LA MIA PRESA DI SERVIZIO, IN GRAN FRETTA, ORGANIZZA UN SECONDO CONCORSO PER SANARE I PROBLEMI DA ME CREATI E RIPORTARE IN CATTEDRA LA CANDIDATA PRESCELTA. IL QUALE SI CHIUDE PRIMA ANCORA CHE IO ABBIA GIUSTIZIA AL TAR.

DON PALERMO – UNI BRESCIA: 3 – 0

 

Il problema dell'esclusione illegittima dagli insegnamenti che mi spettano si aggrava. Provo a porre uno stop: Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica – DPR 17 giugno 2009.

 

Il professor Angelo Santagostino non insegnerà più “Teorie economiche della globalizzazione” perché privo delle dovute competenze. E come lui, tanti altri docenti dovranno cambiare insegnamenti, nonostante il Consiglio di facoltà in cui siedono li abbia ritenuti fino ad oggi tuttologi di economia, impedendo che i corsi finissero in mano a chi ha veramente le competenze scientifiche richieste. E l’amministrazione, con il suo bel buco di bilancio, dovrà pure trovare i soldi per pagarmi i danni.

 

PER LA CRONACA: IL CONSIGLIO DI FACOLTÀ DI ECONOMIA CONTINUA AD ATTRIBUIRE LA RESPONSABILITÀ DEI CORSI SECONDO LA PROCEDURA RITENUTA ILLEGITTIMA DAL CONSIGLIO DI STATO E DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.

 

Nella seduta del 21 ottobre 2009 (Verbale n. 332), il Preside della Facoltà di Economia ha dato formale comunicazione in Consiglio di Facoltà “che dall’esito di tale ricorso emerge che la competenza per la definizione dei settori affini è demandata esclusivamente al Ministero (D.M. 4 ottobre 2000)”.

 

Dopodichè ha continuato ad agire esattamente come prima.

 

Nella seduta del 28 aprile 2010 (Verbale n. 337), il Consiglio di Facoltà, incurante del Decreto del Presidente della Repubblica, ha nuovamente dichiarato, all’unanimità, l’affinità tra settori scientifico-disciplinari, non affini secondo le tabelle ministeriali, per ben 6 volte.

 

Nella seduta del 26 maggio 2010 (Verbale n. 338), la stessa dichiarazione illegittima di affinità è applicata per altri sette affidamenti (tra i quali, in modo a dir poco paradossale, sono compresi anche insegnamenti facenti capo al settore scientifico-disciplinare IUS/10 – diritto amministrativo).

 

Nella seduta dell’11 maggio 2011 (Verbale n. 347), la dichiarazione illegittima di affinità si ripete per altre quattro volte e lo stesso accade nella seduta del 15 giugno 2011 (Verbale n. 348).

 

Di queste irregolarità ho informato personalmente il magnifico rettore con lettera protocollata.

 

Con questa nota, informo ora anche le autorità dello Stato, visto che questo umile sito è sotto osservazione da parte di tre ministeri (Inteno, Giustizia e Istruzione, Università e Ricerca), a seguito dell’interrogazione parlamentare voluta dalla Lega nord.

DON PALERMO – UNI BRESCIA: 4 – 0

 

Il Tar mi ha dato nuovamente ragione. Purtroppo con un po' di ritardo. L'insegnante del corso di Economia internazionale nel 2006/07 dovevo essere io, non la persona priva di titoli (professoressa Maria Laura Parisi) cui è stato affidato.

 

Gol facile contro un’amministrazione impertinente: ricorso identico a quello del 3 a 0. Tappatemi pure la bocca quando cerco di insegnare l’economia ai vostri ragazzi ma quando vi spiego i principi del diritto amministrativo, capi, capetti, baroni e avvocati, sputate la gomma e prendete appunti. Piazzare la palla nell’angolino sinistro quando sai che il portiere si butta sempre a destra è umiliante per un tiratore scelto come me. Soprattutto perché tre anni fa vi avevo anche mostrato come si parano i tiri più insidiosi quando volai sotto l’incrocio dei pali a bloccare il rigore inesistente che il rettore si era autoassegnato, chiedendo al Collegio di Disciplina di sospendermi dal servizio e dallo stipendio.

 

Ora, con questo contropiede, non proprio dei più veloci, ristabiliamo un po’ i rapporti di forza. Mano al portafogli e palla al centro.

 

Testo distribuito alla Conferenza stampa tenuta dopo la Sentenza del Tar. 

 

BREVE STORIA DI RICORSI E ABUSI DI POTERE

 

Sono stato assunto come Ricercatore presso la Facoltà di Economia dell’Università di Brescia nel novembre 2000, a seguito di un duplice ricorso al Tar: il primo, per le irregolarità commesse in sede concorsuale; il secondo, perché la Commissione, invece di eseguire le indicazioni del Tar, ha ribadito arrogantemente il primo esito del concorso.

 

Voglio precisare che, mentre portavo avanti questo iter processuale, ho vinto due concorsi come Funzionario, in Economia politica e in Economia internazionale, presso il Ministero dell’Economia e delle finanze, dove ho lavorato sotto la guida di Mario Draghi. Questo giusto per chiarire che non sono un semplice cacciatore di ricorsi amministrativi, pronto ad infiltrarsi nei vizi di forma di un verbale; sono, al contrario, uno che un po’ di economia la sa ma che è costretto a studiarsi i principi del diritto amministrativo come unico modo per avere giustizia in un sistema truccato.

 

I miei nuovi colleghi e l’Amministrazione centrale, tuttavia, la pensavano diversamente. Appena ho preso servizio hanno infatti avviato le loro ritorsioni corporative. Piuttosto che offrirmi scuse e riparazioni per le ingiustizie concorsuali da me subite, mi hanno trattato come un semplice intruso nella loro Università. L'esclusione dall'insegnamento è solo una delle dimensioni di questi rapporti conflittuali. Vediamo come è andata.

 

Nel 2006, dopo anni di discriminazioni sistematiche, ho fatto il mio terzo ricorso contro questa Università (quello ora giunto a sentenza), impugnando il verbale con cui si attribuiva il corso di Economia internazionale ad una docente priva di titoli che, tuttavia, secondo la Facoltà doveva ritenersi superiore a me, che invece i titoli ce li ho. Come oggi constatiamo, avevo ragione. Purtroppo, i tempi del Tar sono lunghi e la Facoltà ha così continuato indisturbata a violare la legge. 

 

L’anno dopo, al reiterarsi delle irregolarità, ho fatto un quarto ricorso, questa volta al Presidente della Repubblica, dove i tempi sono più rapidi. L'ho vinto, ottenendo anche un congruo risarcimento, pari al doppio del pagamento del corso. L’università ha così pagato il corso tre volte: due a me per non averlo fatto e una al docente che, anche se privo di titoli, l’ha effettivamente svolto.

 

Dopo quel ricorso al Presidente della Repubblica arrivato a giudizio definitivo, con tanto di parere del Consiglio di Stato, ci si sarebbe aspettati che l’università regolarizzasse le procedure. Viceversa, ha continuato — e continua tuttora — ad operare nell’illegalità, a questo punto senza nemmeno la scusa di una presunta buona fede. 

 

In punto di diritto, il ricorso al Tar che ho appena vinto non aggiunge quindi niente a quanto il Consiglio di Stato aveva già affermato. Sul piano economico, aggiunge invece due nuove voci alla lista delle spese inutili a carico dell’Università: le spese legali cui il Tribunale l’ha condannata e l’indennizzo per i danni che ho subito.

 

Qui potrebbe chiudersi la descrizione puntuale di questa lunga controversia. Per capire le ragioni di questi comportamenti illegali e le ragioni per cui si perpetuano anche dopo i pronunciamenti del Tribunale amministrativo e del Consiglio di Stato, è però necessario ritornare al punto da cui siamo partiti: il reclutamento per cooptazione, dietro il velo formale dei concorsi. 

 

Secondo la logica cooptativa, di cui questo Ateneo è campione, non si mette a bando un posto in un settore scientifico perché c’è una necessità scientifica e didattica in quel settore, ma perché il barone di quel settore ha un suo allievo da piazzare. Si organizza allora un concorso in quel settore e, se non si presentano aspiranti intrusi, l’eletto vince ed entra in ruolo. Solo a questo punto si pone il problema di fargli insegnare qualcosa. E se nel suo settore non ci sono insegnamenti disponibili si inventano affinità scientifiche, made in Brescia, fra discipline che nel resto d’Italia, per legge, sono considerate non affini.

 

Si crea così uno scollamento tra gli insegnamenti previsti dall’offerta didattica e i settori scientifici di inquadramento dei docenti: troppi docenti in alcuni settori, troppi corsi scoperti in altri. Scollamento, tuttavia, che la Facoltà ha sempre gestito e continua a gestire deliberando — pur senza averne il potere — che il docente del settore X in realtà può insegnare anche i corsi del settore Y.

 

È così che, da un lato, mi sono visto sottrarre i corsi di mia spettanza dai portaborse più obbedienti, invitati dai loro referenti a fare domanda, solo per impedire che quei corsi li tenessi io; e, dall’altro, ho assistito al valzer delle affinità tra settori scientifici per consentire a tanti docenti di insegnare quello che volevano, indipendentemente dal settore scientifico di inquadramento.

 

Sul primo punto, nonostante l’impegno e la solidarietà delle forze di movimento, la mia battaglia resta purtroppo personale: sta solo a me decidere, di anno in anno, se dedicarmi allo studio dell’economia o a quello del diritto amministrativo, ma ormai è chiaro che la mia sola difesa contro l’arroganza baronale è il Tribunale. Le forze politiche e le cordate accademiche più progressiste — quelle che si riempiono la bocca di illuminismo, libertà e Voltaire — non hanno infatti manifestato la benché minima indignazione per queste discriminazioni che colpiscono direttamente la libertà scientifica. In questa università, valgo poco come economista, ma come Charlie valgo ancora di meno.

 

Anzi, la mia assenza dall’aula negli ultimi anni ha procurato più soddisfazione che rabbia tra le forze politiche locali. Basti pensare alla richiesta della Lega Nord nel 2010 di escludermi dall’insegnamento e sospendermi dal ruolo, accompagnata addirittura da un’Interrogazione parlamentare, e seguita, dopo pochi giorni, dall’avvio di un procedimento disciplinare nei miei confronti in cui il Magnifico Rettore ha chiesto la mia sospensione dal servizio e dallo stipendio per un anno (senza tuttavia ottenerla, poiché, anche in quel caso, il processo l’ho vinto io).

 

Sul secondo punto, senza scomodare gli alti valori della libertà d’espressione, credo invece che il silenzio della società e della politica non implichi affatto condivisione di intenti o passivo menefreghismo, ma solo ignoranza. Perché quegli eminenti cattedratici, tanto ascoltati e rispettati, sono in realtà dei delinquenti. E questo credo sia il caso che la società lo sappia, anche perché, come dicevo, questi signori continuano a delinquere.

 

I miei colleghi pensano che il problema di questa università sia l’eretico antibaronale da espellere o da trasformare in un fantasma invisibile. Io credo invece che il suo problema principale sia un corpo docente che continua a riprodursi per cooptazione — come l’ultima tornata concorsuale ha appena dimostrato — e ad anteporre gli interessi della corporazione a quelli della società.

 

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Tutti i verbali con i nomi dei docenti che, anche dopo il parere definitivo del Consiglio di Stato, hanno continuato ad insegnare corsi di altri settori, grazie alle delibere unanimi e illegittime della Facoltà, sono scaricabili dalla sezione del mio sito La lotta paga.