L'onere della prova

Con il post di ieri sui dati dei decessi a Bergamo pensavo di fornire il mio umile contributo alla ricerca della verità sulle reali dimensioni dell’epidemia da coronavirus in Italia.

 

Inizialmente, accanto al virus a forma di corona, nella testa di qualche lettore, ha iniziato a svilupparsi anche il germe del dubbio. Tuttavia, avevo sottovalutato i più acuti demografi da facebook, i quali hanno presto rinvenuto la fallacia del mio ragionamento: “imbecille (per riportare giusto il termine più cordiale al mio indirizzo), stai confrontando dati comunali con dati provinciali!”

 

Ho subito provato a spiegare che i dati a confronto erano entrambi provinciali e che non poteva essere altrimenti. Ma le mie repliche sono valse solo ad aprire un po’ meglio gli occhi ai pochi che già ce li avevano aperti e a far inviperire gli altri. Ormai l’oggetto stesso del post aveva virato. Chi se ne frega di Bergamo, occupiamoci piuttosto di Palermo, con tanti Tom Ponzi a investigare sulla mia vita pubblica e privata.

 

La tesi (che sarebbe più corretto chiamare ipotesi) che i dati riportati dal Bergamonews fossero comunali si è diffusa nei commenti al mio post, come i video di YouTube (o forse di Youporn) che diventano virali. E se una cosa è ripetuta un certo numero di volte — questo ormai lo sappiamo — è senz’altro vera. Soprattutto se a ripeterla sono i Facebook feticist tra una sega mentale e una manuale.

 

Invece di aprire una breccia critica nella mente dei miei lettori, il post ha sortito l'effetto opposto ed è diventato l’occasione per screditare non solo la mia analisi ma la mia stessa persona, con fine ironia e qualche rozzo insulto, ai quali ho risposto secondo gli stessi parametri (ritenendomi più spiritoso dei miei detrattori e con la certezza di poter essere almeno più volgare).

 

Qualcuno ha anche pensato di ironizzare sulla mia foto a pugno chiuso con la kefia al collo, scattata a Brescia nel 2010 in occasione della lotta dei lavoratori immigrati saliti sulla gru per rivendicare i diritti loro e di tutti i loro fratelli e compagni, discriminati e truffati da una finta sanatoria di stampo fascista. Senza sapere che di quella foto vado particolarmente fiero nonostante la repressione che lo stato e il corpo baronale della mia università mi riservarono: un’interrogazione parlamentare e un procedimento disciplinare a mio carico e l’esclusione di fatto, per ben sette anni, dall’insegnamento. Già, perché un docente universitario può accettare i finanziamenti di George Soros o lasciare che la sua attività didattica e di ricerca sia indirizzata da Confindustria, ma non ha il diritto di schierarsi con chi lotta, provando a portare un contributo scientifico, tra una manganellata e l’altra.

 

Di nuovo, come era già successo in passato, il dolore di ex-amici e compagni, oltre a concretizzarsi nella mia esclusione dai loro contatti Facebook, ha trovato sfogo nell’invito a recarmi di persona a Bergamo per vedere coi miei occhi quanto stava accadendo e, con l’occasione, prendermi anche qualche calcio nel culo. A nessuno di quelli che a Bergamo già ci stanno è però venuto in mente di andare in comune, in provincia o al Bergamonews a verificare le fonti. Perché l’onere della prova non ricade sui media che danno una notizia ma su chi l’analizza in modo critico.

 

E siccome la maggioranza ha sempre ragione, figuriamoci in questo caso che si tratta di quasi unanimità. Così anche la logica è finita nel cestino, senza che nessuno se ne accorgesse.

 

A Bergamo, il rapporto tra la popolazione provinciale (1.116.000) e quella comunale (122.000) è di 9,14 a 1. Concedetemi il 10 a 1 per semplificare i calcoli ai meno esperti.

 

Non si tratta certo di una correzione di poco conto, hanno subito concluso i nuovi campioni del pensiero cartesiano. Ai quali però non è venuto in mente che, se veramente i 50 morti giornalieri fossero tutti interni al comune di Bergamo, all’indomani dello scoop del signor Davide Agazzi (che non credo sia il centrocampista del Livorno), il caporedattore del Bergamonews (l’unico giornale a parlare di un’impennata del 1400% nel tasso di mortalità) avrebbe subito spedito il nuovo candidato al premio Pulitzer a filmare col telefonino gli altri 495 funerali che avvengono quotidianamente in provincia. O almeno a fare un secondo scoop sulle ragioni per cui il coronavirus, così piccolo e aggressivo, non riuscirebbe però a varcare le porte del comune.

 

Né è stato notato che una simile impennata nel tasso di mortalità fa a pugni anche con le ipotesi più pessimistiche messe in campo in questa campagna di terrorismo mediatico che ci farà ricordare i 3000 morti delle Torri gemelle come un semplice compito in classe prima dell’esame di maturità.

 

No, niente di tutto questo, perché come dicevamo — ehm, come dicevo — l’onere della prova ricade su Giulio Palermo. E allora siccome, a differenza di voialtri, io ogni tanto chiudo Facebook e apro google, eccovi qui la prova che si tratta di dati provinciali e non comunali: lo riconosce anche Fanpage.it (vedi immagine).

 

 

Ora, la palla sta di nuovo nel vostro campo.

 

Ditemi voi quando vogliamo chiudere le polemiche e aprire gli occhi. Così finalmente cominciamo a parlare di cose serie.

 

Senza ovviamente voler mancare di rispetto a quanti realmente hanno perso i loro cari in questi giorni di malainformazione e in questi decenni di malasanità.

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