LO SCHIAFFO DEL CUN


UN ANNO DI SOSPENSIONE DAL SERVIZIO! Questa la richiesta dell’università di Brescia nei miei confronti.

 

Ma il Consiglio universitario nazionale non ci sta e non mi commina NESSUNA SANZIONE.

 

Già in passato il Cun aveva schiaffeggiato l’università di Brescia, deliberando la mia conferma in ruolo, senza curarsi del parere del dipartimento e della facoltà … Giocare fuori casa è sempre delicato.

UNIVERSITÀ DI BRESCIA CONTRO GIULIO PALERMO: FATTI E CONSIDERAZIONI POLITICHE 


Brescia, 24 novembre 2011

 

In questa nota, espongo i fatti riguardanti l’ultimo attacco repressivo che ho ricevuto dall’università di Brescia, dove lavoro da 11 anni, e sviluppo qualche considerazione politica al riguardo.

 

 

 

I FATTI

 

Il 3 novembre 2010, intorno alle ore 10,30, io e la professoressa ordinaria Alessandra Del Boca ci trovavamo nella sala delle stampanti del dipartimento di Scienze economiche. Tra noi, da tempo (da quando lavoro presso quest’ateneo), non intercorrono buoni rapporti. Già in passato, avevo dovuto segnalare con esposti alle autorità accademiche, alcuni suoi comportamenti ingiuriosi nei miei confronti.

Quella mattina siamo però arrivati addirittura all’aggressione fisica. All’episodio non ha assistito alcun testimone. Secondo la versione della professoressa Del Boca, lei avrebbe minacciato di darmi un ceffone e io avrei reagito prendendole “il braccio con forza e stortandolo” (parole sue). Io sostengo invece che lei mi abbia dato effettivamente un ceffone, che però non è arrivato a bersaglio perché io mi sono protetto il viso con la mano. Subito dopo, siamo usciti dalla sala delle stampanti e, in presenza di testimoni, la professoressa Del Boca ha continuato ad insultarmi.

 

Il giorno stesso, la professoressa Del Boca si è rivolta al rettore, professor Sergio Pecorelli, inviandogli una lettera in cui fornisce la sua versione dei fatti, ma non menziona alcun testimone, né chiede formalmente l’apertura di un procedimento disciplinare contro di me e chiede solo “provvedimenti a tutela della sua incolumità”.

 

Dopo alcune settimane, il 29 novembre, il rettore con una nota ufficiale mi ha comunicato di aver avviato un procedimento disciplinare a mio carico a seguito della lettera della professoressa Del Boca – di cui mi invia una copia – concedendomi il termine perentorio di 15 giorni per fornire elementi a mia discolpa.

Nella mia nota di controdeduzioni, ho respinto le accuse della professoressa Del Boca, fornendo la mia versione dei fatti. Ho poi indicato le persone che hanno assistito agli insulti e ho chiesto l’acquisizione delle registrazioni effettuate dal sistema di video-sorveglianza in funzione nei locali del Dipartimento. Infine ho chiesto formalmente l’apertura di un procedimento disciplinare a carico della professoressa Del Boca, informando anche il rettore di aver depositato atto di denuncia querela contro di lei.

 

Da allora non ho ricevuto più nessuna comunicazione da parte del mio ateneo riguardo a questo contenzioso. Solo il 23 settembre 2011, a più di 10 mesi dai fatti, il Collegio di disciplina presso il Consiglio universitario nazionale (Cun) mi ha comunicato l’esistenza di un procedimento disciplinare a mio carico, concedendomi venti giorni per recarmi a Roma a prendere visione degli atti. Poi, mi ha comunicato la data del processo (senza nemmeno avvisarmi del mio diritto di essere assistito da un difensore), fornendomi un termine perentorio di 5 giorni per fornire le mie note difensive scritte.

È stato solo a questo punto, dopo aver preso visione degli atti esistenti al Cun, che ho avuto la possibilità di conoscere la trama che l’università di Brescia aveva imbastito a mia insaputa per deferirmi al Collegio di disciplina nazionale, senza darmi ulteriori possibilità di difesa. Il rettore, contravvenendo ai suoi doveri istituzionali, non ha infatti aperto alcuna istruttoria sulle eventuali responsabilità della professoressa Del Boca, né avviato alcun atto istruttorio per accertare il reale svolgimento dei fatti. Al contrario, dopo aver ricevuto la mia nota, si è rivolto alla mia accusatrice per chiederle di fornire ulteriori elementi contro di me, informandola di essere stata da me querelata e trasmettendole la documentazione da me prodotta.

 

La professoressa del Boca ha lasciato trascorrere ancora un mese e mezzo, prima di rispondere al rettore e, dopo 90 giorni dai fatti, il 3 febbraio 2011, ha inviato una nuova nota accusatoria e un atto di denuncia querela contro di me, indicando 5 testimoni che, anche indirettamente, avrebbero potuto corroborare la sua versione dei fatti.

 

Il giorno stesso, il rettore ha dichiarato chiusa l’istruttoria, senza trasmettermi i nuovi elementi accusatori forniti dalla professoressa Del Boca, senza ascoltare nessuno dei testimoni indicati da me e dalla supposta parte offesa e senza prendere visione delle registrazioni video che, con ogni probabilità, consentirebbero di accertare l’effettiva dinamica dei fatti.

 

Il 21 febbraio, quando ormai i termini per chiudere l’istruttoria locale erano ampiamente scaduti (la legge stabilisce un termine massimo di 30 giorni), il rettore ha infine trasmesso gli atti al Collegio di disciplina presso il Cun, non potendo lui stesso infliggere sanzioni superiori alla censura.

 

 

IL PROCESSO

 

Il processo si è presentato sin dall’inizio in salita, con l’obiettivo dichiarato dal presidente del Cun di chiudere in fretta e un membro del Collegio che ha svolto una rapida relazione presentando i fatti in modo a me sfavorevole. Quando ho avuto diritto di parola credo di essere stato in grado di evidenziare le contraddizioni di questo processo: l’impianto accusatorio basato sulla sola parola della professoressa Del Boca (la quale nei suoi stessi atti manifesta un’evidente avversione sua e di tutto il dipartimento nei miei confronti, determinata soprattutto dal fatto – come lei stessa mette in evidenza – che il mio ingresso nella facoltà di Economia di Brescia è avvenuto dopo che ho presentato e vinto due ricorsi al Tar della Lombardia), le violazioni dei miei più elementari diritti, l’ostilità storica dell’ateneo nei miei confronti (confermata dai diversi ricorsi amministrativi, tutti vinti, che sono stato costretto a presentare anche successivamente alla mia presa di servizio), l’asimmetria di comportamento del rettore e, soprattutto, i vizi procedurali commessi, che sono poi quelli che conteranno in un eventuale ricorso amministrativo da parte mia, in caso di sanzione.

 

Il rettore aveva infatti 30 giorni per completare l’istruttoria e il Collegio di disciplina ne aveva 180 per giungere ad un giudizio, termini ampiamente superati, visto che è passato più di un anno dai fatti. Il tutto mentre a me sono stati indicati termini perentori (5 giorni!) per produrre la mia difesa scritta. Ho dunque chiuso sostenendo che il procedimento deve considerarsi estinto, ma invitando al contempo il Collegio a considerare la possibilità di adottare le dovute misure contro il rettore della mia università per gli eventuali illeciti di carattere penale – abuso d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio – per aver inviato alla mia accusatrice la mia nota di difesa e di denuncia, non aver compiuto alcun atto istruttorio da me richiesto e non aver avviato alcun procedimento disciplinare contro la professoressa Del Boca. I due dirigenti dell’ateneo intervenuti a Roma in nome del rettore – i dottori Enrico Periti e Luigi Micello – non hanno nemmeno provato a replicare ai miei argomenti e sono intervenuti solo per formulare la richiesta di sanzione disciplinare: la sospensione dal servizio e dallo stipendio per un anno.

 

Non sono in grado di fare pronostici sull’esito di questo procedimento. Da una parte, l’arroganza dell’università di Brescia sembrerebbe presupporre un esito scontato, esattamente come nei litigi in sede. Dall’altra, non è detto che il Cun si presti a questo gioco, sapendo che un mio eventuale ricorso amministrativo sarebbe rivolto contro di loro e non più contro la mia università.

 

 

CONSIDERAZIONI POLITICHE

 

L’attacco che subisco denota sicuramente un’accelerazione delle ostilità nei miei confronti, ma non segna certo una svolta. Ricordo infatti che sono entrato in quest’ateneo tramite un ricorso al Tar – il mio peccato originale – e che, da allora, non solo ho replicato duramente a chi di volta in volta si è incaricato di farmi espiare l’antica colpa, ma mi sono anche reso colpevole di nuovi peccati, con altri ricorsi e battaglie interne.

 

Sarebbe lungo l’elenco degli attacchi e delle discriminazioni che ho subito in questi 11 anni di servizio. Ma ora nella mia personale vicenda accademica si inserisce un dato nuovo: la politica. Basta osservare la successione degli avvenimenti legati a quest’ultimo episodio: i fatti di cui mi accusa la professoressa Del Boca sono del 3 novembre 2010, ma vengono presi in considerazione dal rettore solo a fine novembre, quando è ormai esplosa la lotta dei migranti sulla gru e in città si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà, con la mobilitazione di compagni, cittadini, studenti e di una parte stessa dell’università, con lezioni in piazza e altre iniziative, a cui naturalmente partecipo attivamente. Tutti avvenimenti a cui l’informazione nazionale e soprattutto locale dà ampio risalto su giornali, radio e televisioni, suscitando la rabbia e l’indignazione di esponenti politici della Lega e del Pdl, che chiedono esplicitamente provvedimenti contro di me, presentando addirittura un’interrogazione alla Camera dei deputati. È solo a questo punto, a 26 giorni dai fatti (quando la legge stabilisce un termine massimo di 30 giorni per completare l’intera fase istruttoria) che scatta la decisione del rettore di aprire un procedimento disciplinare contro di me che, in caso di condanna, prevede come pena minima la sospensione dal servizio e come pena massima l’espulsione dall’università.

 

Sul piano politico, individuo tre terreni di possibile scontro.

 

1.      A livello cittadino, anche se formalmente non ci sono legami diretti, questo episodio si inquadra nel contesto della repressione post-gru, che sta colpendo, uno ad uno, i compagni che si sono attivati in quella lotta, ciascuno a suo modo e nel suo campo. Da questo punto di vista, vorrei sottolineare che le prime ritorsioni accademiche nei miei confronti erano comunque già partite, con la mia esclusione dalle attività didattiche per l’anno accademico in corso (2011/12), deliberata con parere unanime del Consiglio di facoltà di Economia: una risposta diretta alla Lega nord che, nei giorni della gru, aveva scritto che “è inaccettabile che la formazione dei giovani sia nelle mani di fanatici guerriglieri che predicano la cultura dell’illegalità” (La Padania, 12 novembre 2010).

 

Questo terreno di scontro è delicato: si tratta senz’altro del vero motivo di quest’accelerazione delle ostilità accademiche contro di me. Ostilità che, lo ricordo, hanno portato, nel novembre 2010, ad un’interrogazione parlamentare, su istanza della Lega nord, per le mie presunte attività sovversive e, nel dicembre 2010, alla censura, da parte della casa editrice Carocci, del mio libro sull’università baronale (bozze già corrette e isbn già assegnato), poi uscito con Punto rosso. Formalmente però il procedimento disciplinare riguarda fatti di natura completamente diversa. Uno scontro su questo terreno dovrebbe quindi essere esplicitamente politico, smascherando i veri obiettivi della repressione, che vorrebbe colpirci separatamente, ognuno nel suo campo, dove la capacità di reazione è minore e la solidarietà, almeno nel mio caso, forse inesistente.

 

2.      A queste dinamiche censorie e repressive, si somma poi il tentativo di colpirmi per il ruolo politico che svolgo contro l’università baronale e per il mio impegno nelle lotte del movimento studentesco.

Sotto questo profilo, credo che potrebbe essere utile evidenziare l’arroganza del potere baronale e le violazioni che le più alte cariche di ateneo hanno commesso. Apparentemente questa linea è solo legalistica, però non sottovaluterei i contenuti politici di un’accusa contro il rettore per eventuali reati commessi contro un ricercatore, solo perché “scomodo”. Soprattutto, una posizione di questo tipo, se appoggiata da pezzi di movimento, assumerebbe un valore politico forte, come forma di contropotere antibaronale: sotto processo ci finiscano i baroni, non coloro che si oppongono alle loro prevaricazioni!

 

3.      Sempre in campo strettamente universitario, c’è poi la questione generale delle norme fasciste ancora in vigore. Le sanzioni disciplinari nella scuola e nell’università sono infatti regolate dal Regio decreto 1592 del 1933, di chiaro impianto fascista. L’esistenza stessa del Collegio di disciplina, come organo interno che si sovrappone alla giustizia ordinaria, scavalcandone addirittura i compiti, credo sia un dato politico su cui riflettere. Anche perché organi simili esistono in tutta la pubblica amministrazione (per non parlare poi dei meccanismi di disciplinamento in vigore nel settore privato).

 

Con l’entrata in vigore della riforma Gelmini (che non si applica al mio caso), le cose si aggravano ulteriormente: il Collegio di disciplina diventa infatti di competenza degli atenei, eliminando così anche quel vago principio di terzietà, a tutela dei diritti dell’accusato. Insomma, io e il rettore lo sappiamo bene: questa è l’ultima volta che andiamo a Roma a regolare i nostri screzi. La prossima volta il culo me lo fanno direttamente in Consiglio d’amministrazione a Brescia.

           

BARONI, LEGHISTI E FASCISTI: SE VI INCAZZATE TANTO, AVRETE PURE I VOSTRI BUONI MOTIVI. FARÒ IL POSSIBILE PER NON DELUDERVI!

 

 

Giulio Palermo

 

solidarietà

Magnammece 'o barone!, Collettivo Autorganizzato Universitario, Collettivo BreakOut Architettura, Coordinamento 2° policlinico – Napoli

 

Daje Giulio!, Militant – Roma

 

Solidarietà, Student* in crisi – Pavia

 

La repressione sale in cattedra, Resistenza universitaria – Roma

 

L’università dei baroni elimina chi si oppone: il caso del Prof. Giulio Palermo, Radio onda d’urto – Brescia

 

A Roma, nei nostri cuori, c’è posto per un solo Barone, Andrea: Ipo – Marino, Collettivo Lavori in Corso – Roma

 

Miracoli: ideologie pericolose, Il fu il bel paese